Bottiglia di Leida

 

DATA/PERIODO: prima metà XX sec.
MISURE: diametro: 10 cm, altezza: 30 cm.
MATERIALE: vetro, ottone, acciaio.
N° INVENTARIO: 589

 

La Bottiglia di Leida fu accidentalmente scoperta dall’olandese Musschenbroek mentre cercava di elettrizzare dell’acqua contenuta in una bottiglia utilizzando un’asta metallica fissata nel tappo. L’acqua e la mano che reggeva la bottiglia fungevano da armature di un condensatore che col passare del tempo accumulava carica; tale carica si è poi liberata nel braccio di Musschenbroek nel momento in cui ha toccato l’asta. L’esperimento fu ripetuto varie volte da altri studiosi, sostituendo all’acqua foglie di stagno, rame, argento e oro, ma fu Franklin il primo a dare una spiegazione al fenomeno.

Lo strumento è composto da una bottiglia di vetro sottile contenente delle lamine metalliche (armatura interna) e rivestita da una foglia di metallo (armatura esterna) che deve però lasciare scoperto il vetro fino a una certa distanza dal collo. La bottiglia viene chiusa con un tappo di sughero in cui è infilata un’asta metallica che all’estremità superiore presenta una sfera mentre a quella inferiore è in contatto con le lamine. Per caricare la bottiglia si collega l’armatura esterna al suolo, semplicemente tenendola in mano, e l’armatura interna a una sorgente elettrica: l’armatura interna acquisterà una carica positiva, mentre quella esterna si caricherà negativamente. Invertendo il processo si ottengono cariche opposte alle precedenti. Per scaricarla si possono applicare 2 metodi: per una scarica rapida si utilizza uno scaricatore, per scaricarla più lentamente la si pone su una superficie di resina e si toccano alternativamente le due armature.

Due bottiglie di Leida, ciascuna delle quali è collegata ad un circuito RLC, vennero impiegate in un celebre esperimento a cura di sir Oliver Lodge alla fine del XIX secolo, il cui scopo era quello di spiegare la produzione e la ricezione di onde elettromagnetiche.

 

 

Disegno antico tratto da Ganot, trattato di fisica, 1861, pag 394.

 

 

 

  

 

 

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